E' in vigore dal 18 luglio la c.d. "riforma Fornero" sul mercato del lavoro che modifica l'art. 22, comma 11 del D. Lgs. 286/1998 relativo al permesso di soggiorno per motivi di “attesa di occupazione”. La nuova formulazione è la seguente:“La perdita del posto di lavoro non costituisce motivo di revoca del permesso di soggiorno al lavoratore extracomunitario ed i suoi familiari legalmente soggiornanti. Il lavoratore straniero in possesso del permesso di soggiorno per lavoro subordinato che perde il posto di lavoro, anche per dimissioni, può essere iscritto nelle liste di collocamento per il periodo di residua validità del permesso di soggiorno, e comunque, salvo che si tratti di permesso di soggiorno per lavoro stagionale, per un periodo non inferiore ad un anno ovvero per tutto il periodo di durata della prestazione di sostegno al reddito percepita dal lavoratore straniero, qualora superiore. Decorso il termine di cui al secondo periodo, trovano applicazione i requisiti reddituali di cui all'articolo 29, comma 3, lettera b). Il regolamento di attuazione stabilisce le modalità di comunicazione ai centri per l'impiego, anche ai fini dell'iscrizione del lavoratore straniero nelle liste di collocamento con priorità rispetto a nuovi lavoratori extracomunitari”. Il periodo minimo di tolleranza del soggiorno dello straniero rimasto disoccupato, previsto dalla precedente formulazione dell’art. 22 c. 11 del d.lgs. n. 286/98 nella misura di residua validità del permesso di soggiorno ovvero della durata non inferiore ai sei mesi, era da molti ritenuto in contrasto con il principio di parità di trattamento del lavoratore migrante con il lavoratore nazionale in materia di occupazione e politiche per l’impiego e sicurezza sociale di cui alla Convenzione OIL n. 143/1975 (art. 10). Per la verità, il TU immigrazione indicava un periodo minimo e non massimo di soggiorno, consentendo alle questure di seguire prassi più elastiche in casi particolari, ad es. quando il lavoratore pur disoccupato da più di 6 mesi disponesse comunque di mezzi economici da fonte lecita derivanti da ammortizzatori sociali ovvero da familiari o persone con le quali l’interessato aveva una stabile relazione di vita. In tal senso si era orientata una parte minoritaria della giurisprudenza, mentre il Consiglio di Stato si era espresso nel senso che il termine di tolleranza di soggiorno di residua validità del permesso di soggiorno o comunque della durata di sei mesi dovesse intendersi rigidamente (v. Cons.Stato VI, 20 marzo - 22 maggio 2007, n. 2594 nel sito www.venetoimmigrazione.it )
La nuova formulazione norma non solo porta ad almeno un anno il periodo di tolleranza del soggiorno dello straniero disoccupato anziché i sei mesi previsti in precedenza, ma espressamente prevede la possibilità anche di ulteriormente estendere tale periodo nei casi in cui il lavoratore migrante disoccupato acceda a prestazioni sociali a sostegno del reddito o ammortizzatori sociali per una durata superiore. Resta da vedere se tale possibilità riguardi le sole "prestazioni di sostegno al reddito" previste dalla legislazione in materia di sicurezza sociale e costituenti dunque diritti soggettivi o possa ricomprendere, secondo un'interpretazione estensiva, anche quelle erogate discrezionalmente dagli enti locali (per esempio, borse lavoro o altri sussidi erogati discrezionalmente dal Comune) o da enti bilaterali.
La riforma, peraltro, sembra subordinare il rinnovo del permesso di soggiorno allo scadere del periodo di tolleranza al possesso di mezzi di sostentamento minimi secondo gli importi previsti ai fini del ricongiungimento familiare, ossia pari all'importo dell'assegno sociale, aumentato di metà di tale importo per ciascuno dei familiari che (eventualmente) compongono il nucleo familiare (salve le attenuazioni previste per i figli di eta' inferiore a 14 anni), eventualmente considerando anche i redditi dei familiari di cui all’art. 29 del d.lgs. n. 286/98.
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